Per colui che vede il proprio Sè espanso nell'universo e l'universo nel proprio Sè, e che vede il superiore e l'inferiore; la pace fondata sulla conoscenza non viene mai a mancare.

- Charaka Samhita Sha. V. 20 -



martedì 1 aprile 2014

GIUDIZIO

Purnima, la prostituta, quella notte sognò che un bramino era venuto ad onorarla. Al suo risveglio, chiamò la serva, le descrisse l'uomo e la mandò a reclamare il dovuto, poichè non aveva ricevuto alcuna ricompensa per i suoi servizi.
La serva fece un'indagine in tutta la città, ripetendo a chi voleva starla ad ascoltare che quel furfante di bramino aveva cavalcato la prostituta senza pagarne i servizi. La faccenda fece molto rumore. Ciascuno la ravvivò con particolari piccanti per sottolineare la doppiezza dell'uomo.
Solo alla fine della giornata lo sventurato bramino venne formalmente riconosciuto. Per sua disgrazia, passava per la via principale, recandosi spensierato al tempio per compiere i rituali della sera. La serva lo vide e si precipitò su di lui esigendo ad alta voce il pagamento dell'onorario dovuto alla sua padrona. La folla incuriosita lo circondò. L'uomo rimase dolorosamente sorpreso. Spiegò che la notte precedente aveva dormito al fianco della sua consorte, come ogni notte da quando si era sposato, che c'era dunque un errore di persona.
Ma, dato che ciascuno ormai lo descriveva e ne illustrava il misfatto a ogni orecchio consenziente, era già giudicato, e in maniera inappellabile. Era per forza colpevole, condannato a pagare il debito e le spese. La folla crebbe, insistette, si fece minacciosa. Lo sventurato innocente era povero. Spiegò, perorò la propria causa, balbettò, finì in fretta col lasciarsi prendere dal panico. Si mise a pregare Krishna:

"Signore, Tu che hai salvato Draupadi dalla vergogna quando i  Kaurava volevano strapparle il sari, Tu che sollevasti la collina di Govardharna per salvare i contadini dall'inondazione, Tu che hai vinto il dio Indra stesso, vieni in mio aiuto, dimostra la mia innocenza, salvami dalla loro collera, quand'anche volessi pagare per salvarmi da questo pericolo, sai che sono senza un soldo!"

In quel momento, passò a cavallo il re con il suo seguito e si fermò per chiedere che cosa provocasse una simile agitazione sulla pubblica via.
Ciascuno raccontò la sua storia e la faccenda divenne sempre meno comprensibile. Il re decise dunque di risolvere il caso ascoltando personalmente, in un luogo tranquillo, la prostituta e il bramino, che vennero convocati a palazzo senza indugio.
Nella grande sala del trono, entrambi, scortati da guardie, attendevano di potersi spiegare. Il re si accomodò e poi chiese al bramino, interrogato per primo grazie al rispetto dovuto alla sua casta, ciò che avesse da dichiarare.

- Sire, questa donna mi accusa di avere fatto ricorso stanotte ai suoi servizi senza pagarla.  E' falso, poichè dormivo al fianco della mia sposa.

- Potrebbe testimoniarlo?

- Sì Sire. Aggiungo che la mia sposa è giovane e bella, che apparteniamo alla stessa casta, che onorarla non mi espone ad alcuna impurità, men tre questa prostituta è di bassa casta e non è più molto giovane nè molto bella. Tali motivi mi sembrano sufficienti per provare che dico il vero.


Il re voleva sì credere al bramino, ma aveva visto e udito tante situazioni umane strane da quando era salito al trono ed amministrava la giustizia, che le argomentazioni addotte e la testimonianza di una sposa non gli parevano necessariamente del tutto convincenti. Concesse la parola alla prostituta:

-E tu, donna, che cos'hai da dichiarare?

- Maestà, non sono più molto giovane e la mia casta è di certo bassa. Ciò significa che si possa usare di me senza allargare i cordoni della borsa? Quest'uomo mi ha fatto visita in sogno la notte scorsa. Non oserò mai dirvi che cosa abbia preteso da me, Sire, e la cosa andò avanti da mezzanotte all'alba! Insisto per ricevere la giusta mercede per i miei servizi.

Il re rimase un attimo tranquillo e silenzioso. Infine dichiarò:

- Donna, riceverai il giusto pagamento del debito.

Il bramino credette di soffocare udendo pronunciare un simile giudizio, ma non osò protestare. Rimase immobile, persuaso all'improvviso di pagare a caro prezzo una colpa, da lui dimenticata ma terribile, commessa in una vita precedente.
A un semplice cenno del re, uno schiavo portò un grande specchio. Il sovrano, dopo aver fatto posare lo specchio al centro della sala del trono, invitò il bramino ad appendere la sua borsa, con il suo contenuto, a una corda legata all'anello che tratteneva il ventaglio di foglie di palma al soffitto della sala quando faceva caldo. Allora il sovrano intimò alla prostituta:

- Afferra la borsa nello specchio.

- Ma non posso afferrare la borsa nello specchio, voglio del denaro contante, palpabile!!

- Prendi o vattene! - disse il re.

Il giusto prezzo di un sogno è una borsa in uno specchio!

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