Per colui che vede il proprio Sè espanso nell'universo e l'universo nel proprio Sè, e che vede il superiore e l'inferiore; la pace fondata sulla conoscenza non viene mai a mancare.

- Charaka Samhita Sha. V. 20 -



sabato 4 gennaio 2014

STORIA DELL' AYURVEDA

Esistono tradizioni che affondano le proprie radici nella notte dei tempi, riportandoci ai primordi della civiltà umana. Tra queste ritroviamo proprio la cultura indo-vedica da cui nasce e si sviluppa l'Ayurveda, la medicina tradizionale dell'India. Cercare di ridurre la tradizione di una civiltà come quella indiana ad un semplice prodotto commerciale cosmetico è un'operazione al quanto indignante, in quanto in realtà questa scienza conosciuta in Occidente solo per i suoi massaggi, rappresenta un vero e proprio sistema medico antichissimo intriso da filosofia, cultura e norme sociali che invitano l'uomo a riappropriarsi della propria essenza attraverso l'esistenza:quella di tutti i giorni. Pensieri ed azioni devono riflettere il Se' interiore, il direttore d'orchestra che governa tutti gli organi del nostro corpo, le sue funzioni, i pensieri e la mente. Il sistema di cure è molto semplice: erbe, infusi, massaggi, pratiche quotidiane, esercizi fisici, cura del corpo, dieta e meditazione. L'India in cui ebbe origine L'Ayurveda ci è in gran parte sconosciuta. Sappiamo però che la fertile Valle dell'Indo ospitava molte città stato nel periodo tra il 3500 e il 1500 a C. in quella che oggi è considerata una delle cinque culle della civiltà. E' noto che queste città erano solide, raffinate, con un commercio ed una rete urbana ben sviluppati, tanto è che i centri principali di questa civiltà, le città di Harappa e Mohenjodaro, erano concepite secondo un ordine politico coerente e ben definito. Disponevano di un avanzato sistema di fognature e un livello sanitario particolarmente elevato, che trova riscontro nell'attenzione riservata dalla letteratura vedica ai principi di igiene. La conoscenza ayurvedica sorse proprio da questa sofisticata cultura. Non è semplice presentare questo genere di disciplina ad un pubblico così lontano per cultura all'ambiente nella quale si è sviluppata e in un arco molto breve, tuttavia in questa breve chiacchierata cercherò di esporre alcuni dei concetti fondamentali dell'ayurveda delineandone alcune tracce del suo excursus storico. Nell'estremo oriente l'ayurveda, così come la medicina tradizionale cinese, sono il sistema di cura di massa per la popolazione, oggigiorno, povera. In strutture che non dispongono di apparecchiature diagnostiche, che non possono avere la disponibilità di ingenti quantitativi di farmaci, dove si rivolgono sempre più masse di pazienti in condizioni di indigenza, vengono somministrate terapie naturali, semplici, basate sulla pratica di terapeuti, ma per questo non meno efficaci, tanto è che in occidente queste medicine stanno diventando una risposta ai bisogni delle classi più agiate e che non trovano risposta nella medicina allopatica. Alla freddezza del rapporto con l'apparecchio diagnostico, con la routine dei protocolli terapeutici utilizzati negli ospedali e nelle cliniche, all'assenza di un rapporto diretto, umano e profondo, tra medico e paziente, si risponde cercando un'alternativa. Alternativa che può dare una risposta ad altri malesseri che non sono più solo del corpo, ma anche dell'anima. Le medicine orientali, infatti considerano l'uomo come un'unità inscindibile di più parti: una dimensione fisica e corporea, una dimensione energetica e sensoriale, una dimensione mentale e spirituale. La risposta al superamento del dolore e della sofferenza viene data su tutti i livelli.
Ad una visione prettamente fisiopatologica, come quella occidentale, che si occupa del corretto funzionamento della parte strutturale e materiale dell'uomo, si presenta quale integrazione un approccio di cura che vede l'uomo in una prospettiva certo più complessa e più completa, che individua i bisogni dell'anima. L'ayurveda non è solo una medicina alternativa, essa è piuttosto un sistema di cura, che si preoccupa di generare una condizione di benessere, benessere determinato dal perfetto equilibrio delle diverse componenti dell'essere umano. Per prima cosa l'ayurveda persegue la conoscenza più ampia dei meccanismi e dei principi che determinano la vita, e ricerca una definizione risolutiva del concetto di vita stesso. Ecco che la comune interpretazione del termine ayurveda come scienza o conoscenza della vita acquisisce nuove valenze. La non conoscenza, il non desiderio di acquisirla, rappresenta per l'ayurveda stessa una vera patologia. Cita infatti uno dei testi fondamentali dell'ayurveda: “ Ogni infelicità del corpo e della mente dipende dall'ignoranza, mentre la felicità è basata esclusivamente sulla pura conoscenza.” L'uomo esiste per conoscere, questo è il vero scopo della sua esistenza, qualità che lo differenzia dagli altri esseri, e l'ayurveda deve preoccuparsi di mantenere sane le facoltà necessarie per acquisire conoscenza. Il conoscitore dell'ayurveda non è necessariamente un medico e nemmeno un malato che ricerca una risposta ai suoi problemi, ma potenzialmente è qualsiasi persona che voglia compiere un viaggio alla scoperta di se stesso, nella consapevolezza che ricercando in sé troverà risposta anche agli interrogativi sui perchè dell'universo, poiché l'uomo è costituito dalla stessa materia che costituisce l'universo ed è regolato dagli stessi principi. La conoscenza trova anche una fonte di origine sacra, la rivelazione fatta agli uomini dai Deva o divinità indu'. La rivelazione consente all'uomo di accedere a quei livelli di alta conoscenza che non sono esplorabili sensorialmente. Esiste un racconto mitologico, che collocandosi in un tempo non definito e in un paese imprecisato, riesce comunque a collocarsi in ogni epoca e in ogni luogo: “In un paese lontano, un uomo saggio, il quale avendo constatato che la vanità della vita mondana, decise di ritirarsi in una capanna nella foresta. Lì visse in un rigoroso eremitaggio assorto nella meditazione e nella lettura e contemplazione dei libri sacri. I giorni scorrevano sempre eguali, e la serenità e la pace oramai caratterizzavano la sua esistenza, non aveva alcun contatto con il mondo degli uomini, e non aveva più visto nessuno. Quando aveva occasione di incontrare altri esseri umani rimaneva in silenzio ad ascoltare i loro racconti, e sempre sperimentava sensazioni di sofferenza e dolore. Fu così che un giorno provò uno strano e profondo turbamento, generato dalla consapevolezza delle sofferenze provate dagli altri esseri umani, il pensiero dell'esistenza di tanto dolore nel mondo lo turbava rompendo quella quiete apparente. Decise che era necessario chiedere agli dei come vincere il dolore. Fu così che ruppe il suo eremitaggio e si preparò ad un lungo viaggio che doveva portarlo sulla cima del monte Himalaya, qui avrebbe chiesto agli dei di rivelargli i segreti della scienza capace di sconfiggere il dolore. Altri rishi, in quello stesso tempo avevano avuto la stessa determinazione, e come lui avevano deciso di intraprendere il viaggio che li avrebbe condotti sulle cime dell'Himalaya: loro obiettivo era quello di eliminare la malattia, non solo dall'uomo ma in tutte le creature. Da questo incontro tra uomini saggi e dei ha avuto origine la conoscenza dell'Ayurveda.” Essendo scopo di questa disciplina allontanare il dolore degli uomini, ecco che comprendiamo come essa si sia in grado di offrire una sistema preventivo e terapeutico basato sull'igiene del corpo, dell'anima e della mente, attraverso tutta una serie di pratiche fisiche, energetiche, spirituali, mentali, morali, affiancate a vere e proprie terapie. Chiunque si occupi di questa scienza, anche ai giorni nostri, non può ignorare l'esistenza dei Veda. Essi sono tra i libri più antichi che l'umanità possa vantare: raccolgono almeno 10.000 anni di storia e contengono inni, preghiere, indicazioni liturgiche, sentenze filosofiche e morali, norme ed attitudini sociali e mediche. I riti e le conoscenze dell'alba dell'umanità ci sono noti grazie ai Veda, giunti a noi con l'epiteto di “antichi testi sapienziali indiani”. Essi sono suddivisi in 4 volumi in lingua sanscrita scritti intorno al 1500 a.C. Pare siano da porsi in relazione con l'emigrazione avvenuta nell'India di un popolo di lingua indo-europea , gli Arii o Ariani. Essi portarono con sé concetti religiosi d'origine europea, rituali magici, e una serie di divinità naturalistiche, alcune delle quali riprese dalla tradizione ellenica, facendo supporre un'origine comune fra questi popoli. Gli induisti hanno considerato i Veda come eterni, onniscienti e di chiara origine divina. Sono il Rigveda, il Samaveda, lo Yayurveda e l'Atharvaveda i quattro testi vedici. Il primo è il più antico di tutti e raccoglie inni propiziatori e la descrizione di pratiche come lo yoga e la meditazione, la recita dei mantra. Il pranayama e parte dell'Ayurveda. Il Samaveda contiene annotazioni musicali e melodie liturgiche. Lo Yayurveda raccoglie le tipologie di sacrificio per purificare mente e corpo e risvegliare la mente. L'Atharvaveda contiene incantesimi per placare gli dei, mantra per allontanare il male, i nemici e le malattie. L'Ayurveda è un vasto sistema terapeutico molto complesso ed il più antico di cui si abbia notizia che vanta di un'imponente letteratura in lingua sanscrita, il cui scopo è quello di riportare l'equilibrio e l'armonia fra corpo e mente. La sua dottrina risale ad un'epoca molto lontana e la sua collocazione al 1500/2000 a. C. circa. Secondo gli studi più accreditati, l'Ayurveda prende origine proprio dalla tradizione dei Veda e le prime tracce di questo sistema medico sono rintracciabili nell'Atharva Veda e risalgono con ogni probabilità al V secolo a.C. Ma ciò che è giunto fino a noi di questo periodo è purtroppo frammentato e di provenienza incerta o andato perso nel corso dei secoli, di certo però gli studiosi concordano nel distinguere due grandi periodi: il periodo vedico e post-vedico con la comparsa delle Upanisad e delle grandi Samhita, entrambi compendi ai Veda. Nel periodo vedico tre tipi di divinità hanno a che fare con le malattie, quelle benefiche e guaritrici, demoni che provocano la malattia e Dei che possono sia che curarla che provocarla. La medicina vedica era basata soprattutto su pratiche rituali e sciamaniche, mediante le quali divinità malevole che avevano preso sede nel corpo umano potessero venire placate ed allontanate. Tali pratiche erano supportate dalla recita di mantra, dalla creazione di amuleti, medicine, filtri ecc..., mostrando quindi una prevalenza dell'elemento magico. Questo elemento suggestivo persiste attraverso tutta la medicina indù e forma parte del suo approccio psicosomatico al compito di guarire. Non è difficile constatare che fra l'Atharva Veda e la medicina vi siano molti elementi comuni, in particolare il lessico anatomico, l'uso di alcune piante officinali, dati di fisiologia e patologia che si presentano entrambi come saperi sacri ma eternamente validi e nel tempo convalidati attraverso la comparazione con la medicina moderna. Ma non solo..la medicina ayurvedica appare già come un sistema molto complesso e multidimensionale dove ogni piano comunica con tutti gli altri attraverso connessioni che obbediscono a leggi tanto nascoste quanto potenti e vitali. Ci si trova infatti a tener conto, durante lo studio di questo sistema di cure, del piano mitologico, religioso e rituale, yogico, logico, medico, socio-normativo, grammaticale e poetico. Si prenda ad esempio un frammento della Charaka samhita uno dei testi fondamentali dell'Ayurveda dell'epoca post-vedica: “ l'uomo ben raccolto deve compiere ogni giorno delle offerte sacrificali al fuoco interno con cibi e bevande salutari, ponderando la dose ed il tempo. L'uomo il cui fuoco è ben posto, che versa sempre sostanze benefiche nel fuoco interno, che tutti i giorni onora il Brahman, che dona, che è unito alla più alta felicità e che al riguardo delle bevande e degli alimenti conosce ciò che è adeguato, in assenza di altre cause non è afflitto da alcuna malattia nemmeno nelle esistenze future”. Viene qui posta l'enfasi sulla correlazione tra il piano rituale e spirituale e quello medico. Nutrirsi è eseguire un sacrificio e il percipiente del sacrificio è Agni. Quest'ultimo termine significa generalmente fuoco e si riferisce a tre oggetti distinti: un Dio vedico, il fuoco su cui ogni brahmano, cioè sacerdote, deve versare ogni giorno mattina e sera offerte di latte e ghi, il fuoco gastrico che consente di assimilare e trasformare gli alimenti ingeriti. E' così evidente che il Dio del fuoco agni funge da perno di unione tra terra e cielo legando gli uomini agli dei proprio attraverso l'atto del nutrimento. Nel testo sono presenti anche considerazioni socio-normativo: la frase “colui il cui fuoco è posto” non rappresenta solo l'individuo la cui digestione è forte, ma rappresenta anche il capofamiglia sacerdote, con un'età probabilmente compresa tra i venti ed i cinquanta anni. La norma brahmanica prevedeva infatti che l'uomo sposato e con figli stabilisse nella propria dimora uno o più fuochi destinati alla celebrazione dei sacrifici domestici, ovvero i sacrifici agli esseri invisibili, agli uomini, agli antenati, ai Celesti e al Brahman o sapere Vedico, per assicurarsi in tal modo la più alta felicità sia fisica che mentale e quindi la salute, liberandosi da debiti congeniti. E' perciò evidente che è l'uomo con il suo comportamento sbagliato a provocale forze della natura: nel soggetto che viola intenzionalmente od accidentalmente l'ordine cosmico, in colui che non esegue in modo corretto il rituale vedico, oppure commette azioni moralmente negative, la malattia insorge come una conseguenza naturale ed inevitabile a meno di applicare i rimedi prescritti nei Veda. Concetto che come vedremo permea tutta la filosofia e la medicina indiana, anche quella descritta dalle Samhita. Durante il periodo post-vedico l'Ayurveda subisce le influenze della medicina buddhista in particolare e si presume anche di quella greca, visto che precedentemente il re indiano Asoka occupò tutta l'area che dall'India va al Medio Oriente e poi alla Grecia, ed in seguito fu proprio l'India a subire la colonizzazione di Alessandro Magno. E' proprio in questo periodo, corrispondente all'età cristiana, che le sue dottrine vengono esposte in forma organizzata ed empirica ed il sistema si ramifica già in due scuole: quella dei medici e quella dei chirurghi. La scuola medica utilizzava come testo il Charaka Samhita e quella dei chirurghi la Susruta Samhita. A distinguere i medici dai chirurghi erano per lo più i campi di applicazione delle rispettive terapie, vedendo comunque l'impostazione medica prevalere su quella chirurgica, il cui uso ha ben cessato di esistere lasciando oggi giorno spazio alla chirurgia tradizionale moderna. L'Ayurveda post-vedica non si basa più solo su un sistema magico/rituale, ma si basa sull'osservazione razionale, poiché ricerca la logica all'interno dei fenomeni terreni come nell'organismo umano. E' questo il periodo che vede l'avventarsi della teoria dei Dosha o umori corporei. Come già visto anno scorso questa teoria prevede che le funzioni del corpo siano governate da tre principi chiamate Vata, Pitta e Kapha. Queste forze, operando in armonia promuoverebbero la salute, mentre, agendo in disaccordo, causerebbero le malattie. Nella dottrina ayurvedica queste tre forze vengono poste in relazione con delle forze cosmiche: vata rappresenta il vento o il Dio Vayu, Pitta rappresenta il sole ed il Dio Agni, kapha in relazione con la luna ed il Dio Soma. L'omologazione dei costituenti corporei con le realtà universali consente di stabilire una relazione tra microcosmo e macrocosmo che si rivelerà di fondamentale importanza per l'ayurveda, principi su cui tutt'oggi questa scienza si basa. L'essere umano cessa così di essere un ente separato e diviene parte del tutto ed è così che un contatto sbagliato con il mondo può fare ammalare, mentre un contatto intelligente può guarire o mantenere uno stato di salute deviando il proprio destino: ogni uomo infatti nasce con un certo ayus ovvero la durata potenziale di esistenza, che dipende dagli atti passati: se la persona si era comportata bene nasce con la speranza di vivere a lungo, se invece aveva agito male è destinata a condurre un'esistenza breve. La buona o cattiva amministrazione del proprio patrimonio di vita è data dal purusakara, ossia da ciò che si fa qui e ora. Se si conduce un'esistenza sana si vivrà la totalità del tempo destinato, in caso contrario si andrà incontro a morte prematura. Il medico di questi tempi doveva un buon osservatore del mondo e di tutto ciò che circondava lui e il suo paziente e soprattutto doveva essere un medico itinerante, alla ricerca di sostanze che possano essere una cura. Infatti si presume che la Charaka Samhita, non sia tanto il nome dell'autore dell'omonima opera, ma sia il frutto di più medici itineranti che hanno raccolto le loro osservazioni, spostandosi di luogo in luogo per curare. La Charaka Samhita è studiata tutt'oggi dai medici ayurvedici, perchè essa getta le basi di quella che oggi è conosciuta come terapia Rasayana o di ringiovanimento, una terapia di ripristino e di stabilizzazione della giovinezza in accordo con i Veda. Essi sostengono infatti l'ideale di una vita lunga e felice che sia condotta nell'abbondanza e allietata dalla nascita di una progenie sana e numerosa. Alla fine di una tale gloriosa esistenza l'individuo che si sia ben comportato e che abbia condotto i riti necessari ascenderà al cielo per dimorare eternamente nel luogo luminoso, il paradiso che si è guadagnato con i propri meriti. La Susruta Samhita disvela già nel nome la connessione con i Veda. Infatti Susruta significa “colui che ha udito” e quindi la rivelazione orale della tradizione vedica. La chirurgia qui descritta era riservata alla classe guerriera, perchè si doveva ricorrere a quest'arte più frequentemente in guerra ed in particolare per il re. E' bene precisare che l'atto di operare implica il contatto con il sangue e con i liquidi corporei, tutti altamente impuri. Un medico dei tempi, così legato alla sua classe sociale, non poteva pensare di toccare il sangue, seppur di un re. Sappiamo tutti che la pratica della chirurgia presuppone la conoscenza dell'anatomia, la quale si apprende, per lo meno ai giorni nostri, tramite la vivisezione. Ma toccare un cadavere è un atto estremamente impuro in India, ed è così che Susruta è così abile da reinventare l'anatomia sostituendo gli organi interni del corpo con strutture immaginarie che trovano senso e collocazione solo alla luce di una reinterpretazione totale dell'idea stessa di corpo, semplicemente osservando da lontano il corpo ormai dismesso del cadavere. Il corpo diviene almeno tre cose: dimora vivente dello spirito, immagine su scala ridotta del cosmo, rappresentazione animata del sacrificio. Susruta ed i suoi colleghi si ritrovano ad intervenire su corpi reali, fatti di carne ed ossa, disponendo solo di mappe anatomiche immaginarie. Ma i risultati devono essere stati eccellenti dal momento in cui le tecniche di chirurgia sono state copiate a più riprese nei secoli ed apprezzate perfino dagli inglesi nell'800 quando colonizzarono l'India. Nonostante queste elaborazioni empiriche, l'ayurveda non perde del tutto la sua sfera magico-simbolica, tanto è che sia Charaka che Susruta eccellono nell'interpretazione dei sogni soprattutto per stabilire la prognosi relativa al malato. Si tratta per il medico di decidere se intervenire o meno: se i presagi sono favorevoli egli presterà le proprie cure, ma in caso contrario vi rinuncerà perchè con la morte del paziente egli vedrebbe associato il proprio intervento ad un fallimento. Susruta in particolare esamina un gran numero di segni prognostici che sono essenzialmente di tre tipi: provenienti dal paziente, dall'ambiente circostante, relativi al medico stesso: è di buon auspicio durante il viaggio verso la casa del paziente di carne, brocche per l'acqua, ombrelli, sacerdoti, elefanti, mucche con vitelli, piatti, fanciulle adornate, pesci, frutti non maturi, svastiche, yogurt, oro, riso soffiato, pentole e gemme, cavalli, cigni, così come di buon auspicio è sentire recitazioni vediche e preghiere, tamburi che suonano, nubi, conchiglie, flauti, carri, leoni, vacche e tori. Sfavorevoli sono invece uccelli su alberi spogli e secchi, ceneri, ossa, escrementi, polveri, uccelli dal nome maschile che si trovino sulla sinistra e altre disparate trovate...ovviamente in accordo con i tempi in cui erano in vigore. La descrizione di Susruta è molto pratica e trasmette l'idea di un medico che si trova nella sua abitazione intento alle proprie attività e che è visitato da un'ambasciata recante la notizia di una malattia. Che cosa sta facendo il medico quando giunge il messaggero? Quali sono le fattezze ed i modi di costui? Chi incontra e cosa vede il medico lungo la strada che lo conduce all'abitazione del malato? Quali uccelli ode cantare? Ecc... Quest'aura di mistero e magia non fa altro che accentuare il fatto che lo stato di salute dell'uomo, tanto ricercato dall'ayurveda, non sia soltanto questione del corpo fisico, ma dipenda anche e soprattutto da cause psichiche e spirituali. Molti secoli dopo la comparsa delle Samhita un altro testo, importantissimo per lo studio dell'ayurveda viene redatto: l'Astanga Hrdaya, terzo e ultimo dei grandi trattati ayurvedici. Il suo autore Vagbhata si propone di estrarre l'essenza migliore delle opere dei suoi predecessori per dar vita ad un compendio breve ed accessibile. Il titolo dell'opera è studiato in funzione delle intenzioni del compositore stesso: hrdaya che significa cuore, rappresenta la quintessenza, mentre astanga che significa letteralmente “ciò che è dotato di otto membra”, è un sinonimo di ayurveda. Tradizionalmente la scienza ayurvedica era suddivisa in 3 branche o anga: la medicina, la chirurgia e l'ostetricia. Vagbhata la porta a ben otto branche: le tre appena menzionate più la tossicologia, la pediatria, la psichiatria, la sessuologia, l'odontoiatria, la otorinolaringoiatria, il rasayana o ringiovanimento. L' Astanga Hrdaya vuole dunque presentare la quintessenza degli insegnamenti ayurvedici, dove l'aspetto magico viene del tutto esacerbato per dare spazio alla parte più oggettiva e scientifica dell'ayurvedica elevandola così ad una medicina scientifica a tutti gli effetti tanto da arrivare ai giorni nostri come un sistema del tutto convalidato e riconosciuto addirittura dall'organizzazione mondiale della sanità. Vediamo nello specifico le 8 branche dell'Ayurveda: La Kayachikitsa o medicina rappresenta per Vagbhata uno stato di equilibrio tra corpo mente e spirito e ritiene la malattia come uno stato di squilibrio che si manifesta gradualmente e che il medico può interrompere attraverso pratiche di purificazione, ovvero il Panchakarma, lo stile di vita, la dieta e l'assunzione di integratori. La Shalakya Tantra, ovvero la otorinolaringoiatria prende in considerazione più di 72 disturbi legati a naso, bocca, orecchie ed occhi e loro rimedi. La Kumara Bhritya, l'ostetricia, spiega come programmare il concepimento per prestabilire il sesso, la costituzione fisica e le caratteristiche psicologiche del nascituro, descrivendo anche tutti gli accorgimenti necessari durante la gravidanza e il parto. La Vishagara Vairodh Tantra, riguardante lo studio delle epidemie e delle sostanze tossiche e loro rimedi. La Shalaya Tantra che descrive le pratiche chirurgiche di circa duemila anni, basate su una buona conoscenza dell'anatomia umana. La Bhuta Vidya o psicologia che concerne anche la pratica dello yoga e della meditazione, del pranayama o esercizi di respirazione, la ripetizione dei mantra per favorire l'equilibrio della mente e delle emozioni. Il Vajikarana o sessuologia dedicata all'accrescimento del vigore sessuale. Il Rasayana o terapia di ringiovanimento che comprende uno stile di vita sano, condotto con etica, attraverso uno stile alimentare adeguato e con l'ausilio di erbe e piante benefiche. Oggi l'Ayurveda è una delle sei scienze mediche pratiche in India ufficialmente riconosciute dal governo; le altre sono l'allopatia o medicina moderna, l'omeopatia, la naturopatia, la unami e la siddha che sono forme di ayurveda praticate nella zona sud dell'India e lo yoga. A livello governativo queste scienze sono rappresentate dall'Ayush emanazione del Ministero della Salute Indiano. Istituti e università rilasciano diplomi in medicina ayurvedica, accanto però vive ancora una un'ayurveda tradizionale che viene tramandata di padre in figlio e rappresenta una fonte preziosa ed intatta. La formazione del medico secondo la tradizione segue infatti il metodo di apprendimento vedico: memorizzazione del testo e del commento con l'integrazione da parte dell'insegnante. Metodo che si è rivelato proficuo nel contesto ayurvedico, perchè la conoscenza medica è molto vasta e la capacità della mente umana di richiamare rapidamente i concetti acquisiti limitata. Il discepolo ed il suo maestro o guru vivevano per molti anni a stretto contatto ed il discepolo era tenuto a rispettare il guru come i propri genitori. La visione olistica di questa scienza può rappresentare una moderna soluzione “sociale” alla salute pubblica qui in occidente, poiché come già ho detto non fa altro che proporre uno stile di vita più sano e a contatto con la natura, richiesta sempre più crescente dell'uomo moderno, tanto è che nel 1976 è stata riconosciuta anche in Occidente dall'organizzazione mondiale della sanità. Ciò è stato possibile grazie all'approvabilità di questo sistema di cure oltre il passare del tempo e dei millenni e grazie all'osservazione scientifica moderna che ne ha comprovato la validità dei metodi terapeutici. Non va dimenticato che al di là degli aspetti filosofici la farmacopea ayurvedica vanta di prescrizioni a base di erbe, molto approfondite e vaste, ma vanta anche di una terapia efficace consistente in diete, purificazioni del corpo, massaggi curativi, digiuni terapeutici abbinate alle branche della medicina moderna o se si può dire dell'ayurveda moderno, il tutto investigato e corretto. Questo perchè l'ayurveda, nonostante sia un dogma imprescindibile, è aperta a nuove scoperte e migliore e ai contributi delle medicine esterne.

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