A una svolta, la parete verticale scompare. Il passo si fa esitante. Il mondo potrebbe finire lì. Il corpo si china impercettibilmente, l'occhio guarda e si stupisce che il sentiero all' improvviso si stenda verdeggiante. Un'erba tenera attende l'intrepido. Un pò più lontano, l'acqua straripante di un lago sciaborda ai piedi delle rade betulle che, con le foglie grigie e i tronchi bianchi, sembrano irreali nella nebbia leggera.
I viaggiatori sfiniti sia dalla marcia, sia dalla paura che li attanagliava mentre rasentavano l'infinito, depongono il loro bagaglio in riva alle acque limpide, si inginocchiano, si protendono verso l'acqua per bere e per bagnarsi il viso, il collo, le braccia. Alcuni si tolgono le scarpe e immergono i piedi doloranti nell'intensa frescura. Infine, afferrate le fiaschette, gettano via il liquido tiepido che puzza di cuoio per la lunga esposizione al sole e si riforniscono di acqua fredda e pura.
L'acqua è profonda ma così trasparente che solo il riflesso del cielo ne palesa l'esistenza sopra i ciottoli che brillano nel fondo. Uno dei viaggiatori immerge il braccio ed esclama, attirando l'attenzione di tutti.
Le domande fioccno, alcuni si spostano per capire. Là, nell'acqua, una collana d'oro e di pietre preziose attende di essere raccolta. Ricompensa per coloro che hanno osato sfidare le vertigini? Una bella dama l'avrà lasciata cadere nel passare! Il lago è trasparente ma gelido e profondo. L'aria molto fresca non incoraggia il bagno. La dama non ha potuto riprendere il suo bene. Era ricca, senza dubbio, e preferiva perdere il gioiello piuttosto che rischiare l'assideramento. E poi ciascuno sa che i laghi di montagna sono abitati dai rakshasa, quegli esseri per metà demoni che si offendono per ogni intrusione nel loro dominio.
Quel monile è forse una trappola tesa a coloro che varcano la soglia del loro regno. Se si ornano di quelle gemme, potrebbe essere pericoloso appropriarsene.
Il più giovane non è necessariamente il più ardimentoso, ma il più sconsiderato.
Si spoglia in men che non si dica e trotta verso la riva. La sua decisione provoca una schermaglia fra coloro che subiscono il fascino dell'oro e coloro che temono i rakshasa. Lui persiste, indifferente ai commenti e, stringendo i denti, lascia che l'acqua gli aferri le ginocchia, gli geli le cosce, gli umili la verga. Fa una profonda inspirazione e poi si tuffa.
Subito il gioiello si dissolve, scompare.
L'uomo riemerge, sputacchia, batte un pò i denti, inspira, si immerge di nuovo, tocca un'altra volta il fondo. Il suo pugno afferra solo sassi. Sulla riva ciascuno conferma che la collana è andata in frantumi, che si è sparsa nel lago prima di scomparire. I rakshasa se la sono di certo ripresa!
Il giovane risale rapidamente sulla riva, si friziona energicamente con la salvietta che gli tendono, si riveste in fretta e si soffia il naso con le dita. Accanto a lui, all'improvviso, fioccano le esclamazioni.
Il monile è ricomparso. Ciascuno, perplesso, lo guarda. I timorosi affermano che è protetto dai rakshasa. Quelli attratti dall'oro aggrottano le sopracciglia, cercano, calcolano, tentano di valutare la profondità del lago in quel punto. Uno di loro lo sonda. Cerca di pescare il gioiello con l'aiuto di un ramo secco. La collana si dissolve di nuovo, si sparpaglia. Il gesto brusco del pescatore deluso spezza il ramo secco. I più timorosi si allontanano e avvertono gli altri a gesti.
- I rakshasa vi tendono una trappola. Non vedete che si prendono gioco di voi? Rischiate la morte. Del resto, guardate come trema quel folle che ha osato tuffarsi a dispetto di ogni prudenza! E' già un bianco cadavere! -
La paura fa riflettere. I commenti riprendono veloci. Il gruppetto ronza come un alveare. Qualcuno se ne allontana e riflette appartato. Poi tutto il gruppo si riaccosta guardingo alla riva e contempla la collana. Infine l'alveare si scompone. Gli uni riprendono il loro bagaglio e raggiungono di corsa coloro che avevano già rinunciato, gli altri scrutano il paesaggio alla ricerca di un ramo più solido del primo. E' così che alzando gli occhi scorgono la collana, appesa a una fronda di betulla.
L'intrepido tuffatore si rianima e corre a scuotere l'albero ridendo. Lassù, la gazza disturbata spicca il volo mentre piovono ramoscelli, foglie e pezzi di corteccia.
Con un rumore sordo la collana finisce ai piedi degli uomini che si precipitano insieme a mani tese.
- E' mia! - grida l'uno
- Fatti in là! - ruggisce l'altro
- Attenzione! - si esclama qua e là
La gazza si tuffa e riparte in un lampo con il suo tesoro nel becco, fuggendo lontano dalle imprecazioni e dai lanci di sassi. Allora ciascuno insulta l'altro, le parole sono pesanti, i gesti bruschi. Uno sostiene che aveva già afferrato il monile, che bisognava lasciarglielo, un altro che è colpa loro, che...
Sull'altra riva del lago, la ragazza lascia cadere la collana su una roccia inclinata.
Che cosa poteva farsene? E' troppo pesante, immangiabile. Trascinato dal proprio peso, il monile scivola nell'acqua che richiude su di esso il suo silenzio senza un' increspatura, senza un mulinello.
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